Critici d'oggi.
Baldini, D'Amico, Moscardelli, Palazzi, Papini, Pancrazi, Piccoli, Prezzolini, Russo, Tartarini,Tonelli
Capitolo VI - Giovanni Papini, pp. 23-26
(23-24-25-26)
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La vita di Giovanni Papini non ha avvenimenti esteriori importanti: di lui si può dire che, più che vivere, ha voluto meditare, studiare e scrivere: fin da giovane, entrò nel carcere duro del dizionario, e non n' è stato liberato mai.
Data di nascita: 9 Gennaio del 1881.
Luogo di nascita: Firenze.
Cultura: enciclopedica, balzana, disordinata, come il suo ingegno bizzarro e demolitore.
Celebri le sue scorribande, senza tregua, ne riposo, compiute attraverso tutto lo scibile umano, attraverso tutte le sette, tutte le scuole, tutti i sistemi, senza riuscire ad adagiarsi mai in nessun binario spirituale, in nessuna corrente spirituale determinata.
Come dicemmo altrove, Papini bussò a tutte le porte, fidente: e tutte gli dischiusero i loro battenti: ma, varcandone le soglie, egli ben tosto si accorgeva di essersi ingannato.
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Papini è stato l'uomo di tutti i tentativi, l'uomo che è passato, nella sua vita, attraverso la trafila dolorosa di tutte le esperienze, e, lungo la strada malagevole, ha lasciato tracce di sangue e brandelli di carne.
Poi, venne il miracolo, e col miracolo l'agognata pace: egli ritrovò sè stesso, ritrovando Cristo, e la sua vana superbia umana cadde infranta ai piedi della Croce.
Dalla sua conversione, rampollò il suo capolavoro: quella “Storia di Cristo„ che sfiderà i secoli, e sulle cui pagine i più lontani posteri piegheranno, con atto riverente, le fronti.
Papini critico si riattacca più specialmente al suo periodo precattolico, quando, agitato di una interna forza ancora a lui sconosciuta, egli cercava di guadagnare tutte le cime, voleva spenzolarsi su tutti gli abissi, e non trovava il desiderato porto di salvezza.
Il temperamento papiniano è polemico, decisamente polemico, nel più esteso senso di questa parola.
Infrangere idoli, demolire filosofi, stroncare verità, investire sistemi accettati dal volgo: erano la sua fatica preferita.
Naturalmente, in tanto scempio, qualcuno si salvava; e si salvava qualche suo amico, qualche scrittore che gli piaceva, qualche teoria che almeno momentaneamente condivideva.
Papini non era portato ai tempi delle sue stroncature famose a scrivere dei libri ponderati.
Scriveva articoli, pieni di vita, buttati giù in un momento di estro, scintillanti di parole preziose, di paradossi splendidi ed effimeri, di tutta una luminaria falsa, ma di grande effetto.
E quegli articoli raccoglieva, poi, in volume.
Si ravvisa facilmente questa genesi quasi estemporanea,
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questo mosaico di frammenti, ricuciti poi insieme dal compiacente tipografo, in volumetti agili di mole e modici di prezzo.
Perfettamente in malafede - lo riconosce lo stesso Papini - è il suo libro “II Crepuscolo dei Filosofi„, nel quale, con un'arguzia indiavolata, scopre gli altarini a Kant, ad Hegel, a Schopenhauer, a Comte, a Spencer, a Nietzsche, e questo libro già annuncia il Papini dei successivi volumi, perchè già in esso manca ogni serio equilibrio critico, abbondando invece il motto brillante, la frase geniale, in una parola lo “esprit„ come lo intendono i francesi.
Seguirono i “24 Cervelli„ dove si notano le tremende ed in parte ingiuste stroncature di Ardigò, e di Ferri, e le rivelazioni di Vailati e di Regalia.
Spinto dal lieto successo, pubblicò le “Stroncature„, facendovi i conti col Croce, col d'Annunzio, col Mazzoni principalmente, e tentando di imporre lo Spadini, il Calderoni, il Vannicola, l'inesistente poeta negro Danko: in questo stesso volume si trova un breve saggio su Alfredo Panzini, che ci fa comprendere, che, quando vuole, Papini sa essere critico fine e pieno di intuito. Peccato che vi si trovino in troppa copia certe tirate ribalde, degne di beceri e carrozzai fiorentini, ma non di persone ben nate e civili.
Altri ventiquattro saggi raccolse l'autore dell' “Uomo Finito„ nelle “Testimonianze„, dove, fra l'altro, si ammira una riuscitissima auto-stroncatura, che piacque moltissimo.
Nel frattempo, sempre col suo sistema, a base di pugni e di abbracci, secondo l'umore, aveva scritto, così alla brava, di pragmatismo, di futurismo, di nazionalismo, di scetticismo ecc. ecc.
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Ripiegatosi su sè stesso, tentò di fare un lavoro più solido, quando scrisse “L'Uomo Carducci„, dove di vera critica c'è ben poco, per non dire nulla affatto, prevalendovi la parte aneddotica ed intima.
Comunque, in tutti i suoi libri, Papini seppe mostrarsi prosatore forbito e robusto, ed in ogni sua pagina cercò di concorrere alla elevazione culturale degli italiani, o col ripresentare un autore ingiustamente dimenticato o col fare conoscere qui da noi dei letterati di oltre Alpe e di oltre Oceano, che valevan qualcosa.
Le sue pagine critiche, Papini le avrebbe potuto intitolare col Boine “Plausi e Botte„: perchè in esse l'autore questo soltanto fa: dispensare alla carlona pedate o carezze sui grugni del prossimo suo, con grande letizia dei giovani e dei giovanissimi, e con immensa rabbia dei colpiti.
La conclusione su Giovanni Papini critico è facile, semplice e incontrovertibile: egli non è stato mai un critico vero e disciplinato, capace di portare dei contributi meditati alla bibliografia critica italiana, ma un ragazzaccio scapigliato e spensierato, che, per il gusto di vedere com'è fatto un orologio, ne smonta tutte le molle, e con esse si diverte al tiro a segno sulla faccia di chi passa.
Polemista per eccellenza, ed a volte polemista formidabile, Giovanni Papini non può aspirare ad un buon posto fra i critici.
Ma il nostro verdetto lascerà indifferente chi ne è l'oggetto, nè lo distoglierà dalla sua nuova missione, ch'è quella di aprire gli occhi ai ciechi e di additare ai pericolanti, con gesto amoroso, la strada sterposa che lo condusse alla salute eterna...
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